Nel cuore dell’Abruzzo e del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in una cantina arroccata sulle colline di Villa Celiera (PE) a 700 metri slm si combinano processi e metodi di vinificazione tradizionali per ottenere vini naturali, dalle grandi ambizioni e dalla vocazione internazionale.
Ideatori di questo progetto sono Davide Gentile e Marco Giuliani, amici dall’età di 3 anni. Cresciuti insieme, per perdersi di vista per un po’ fino a ritrovarsi negli anni di università e condividere questo nuovo percorso.
In una giornata estiva nuvolosa e carica di pioggia, ma che rende il paesaggio ancora più suggestivo, ci facciamo raccontare da Davide il progetto “Lammidia”, il nome che hanno scelto per presentare al mondo le loro creazioni enologiche.
Davide, quando hai iniziato ad interessarti di vino?
In realtà abbastanza tardi. Il mio è stato un percorso progressivo di avvicinamento. Ad incuriosirmi e ad avviarmi alla conoscenza del vino è stato soprattutto Marco. Una volta scoperto questo mondo ho continuato ad informarmi e a studiare i diversi metodi di produzione. Con Marco abbiamo iniziato a frequentare qualche fiera. All’inizia siamo andati al Vinitaly, ma da subito abbiamo capito che stavamo cercando qualcosa di diverso. Così abbiamo iniziato a frequentare piccole manifestazioni di produttori artigianali e lì si è aperto un mondo. Quando avevamo un po’ di tempo libero, andavamo a trovare questi produttori nelle loro cantine, per confrontarci, per capire. Dall’ammirazione di quelle persone “dalle mani sporche di terra” è iniziato un percorso di riflessione ed è nata la volontà di sperimentare in prima persona la produzione di vino.
Nel 2010 il primo esperimento di vinificazione. Non è andato proprio bene, perché la fermentazione non partiva. Abbiamo quindi pensato, un po’ per gioco, di rivolgerci a mia nonna per farci togliere “la mmidia”. Sarà stato un caso, ma, mezz’ora dopo il rituale, il vino ha iniziato a fermentare. Da questo episodio, qualche anno dopo abbiamo tratto l’ispirazione per il nostro brand.
All’epoca non avevamo ben chiaro quale sarebbe stato il nostro punto di arrivo, ma una cosa era comunque certa. La volontà di realizzare un vino solo con uva fermentata spontaneamente, senza l’uso di alcun additivo.
Con il tempo, dal consumo personale siamo passati a coinvolgere parenti ed amici, incoraggiati dai continui miglioramenti. E’ in questa fase che è nata l’idea di rendere riconoscibile le nostre bottiglie, di dargli un’ “impronta” senza stampare delle vere e proprie etichette. Ma volevamo, ancora una volta farlo secondo i nostri parametri di “non convenzionalità innovativa”. Usare le nostre mani sporche di vernice è stato come il nostro vino, un gesto naturale. Da lì poi si è sviluppata l’idea di tutto il concept grafico della comunicazione che oggi è il segno distintivo de Lammidia.
Oggi avete una vera cantina e commercializzate il vostro vino.
Da allora non ci siamo più fermati, continuando a girare, a confrontarci con altri produttori, italiani ma anche francesi, spagnoli, sloveni, georgiani e tanti altri. Il continuo confronto è forse il motivo che ci porta a sperimentare e a realizzare tante etichette: 3, 4, 10… Quest’anno abbiamo in programma 14 etichette e, quindi, altrettanti tipi di vino.
La nostra produzione interamente artigianale ci concede ampi gradi di libertà e, spesso, nonostante i piani fatti a tavolino, ci lasciamo ispirare dal momento in cui abbiamo l’uva davanti. Da questo punto di vista potremmo definire Lammidia un “vino artistico”.
Questo, in fondo, è alla base di movimenti come quello delle Triple A , secondo il quale per ottenere un grande vino, ad ogni produttore occorrono 3 doti basilari riassumibili nelle 3 A di: agricoltori, artigiani e artisti.
Gli stessi principi che seguiamo nella lavorazione del vino li applichiamo nella coltivazione delle nostre vigne. Gli unici interventi che facciamo sono trattamenti con zolfo e rame, ma stiamo studiando metodi di coltivazione che ci permetteranno di eliminare anche questi per arrivare ad un prodotto 100% naturale e senza chimica, a partire dalla vigna. Non muoviamo mail il terreno, lasciandolo inerbire liberamente. Solo un paio di volte all’anno tagliamo e lasciamo il trinciato come pacciamatura, per mantenere sempre la terra umida e ricca di sostanze vive.
Parlami dei vostri vini, come li definireste?
La caratteristica principale del nostro vino è la bevibilità. Produciamo un vino poco alcolico, fresco, fatto per esaltare il momento della degustazione, senza paura di postumi dovuti a sostanze chimiche.
Con il passare del tempo abbiamo affinato le nostre tecniche di lavorazione e acquisito maggiore sicurezza, fino ad avviare la fase di commercializzazione sia in Italia che all’estero, con presenze in Spagna, Francia, Belgio, Inghilterra, Danimarca, Svezia, Svizzera, Canada, Stati Uniti e Giappone.
All’estero ci serviamo di importatori e distributori; in Italia ci rivolgiamo soprattutto al canale Ho.Re.Ca. Per chi vuole conoscerci meglio può contattarci attraverso il nostro sito www.lammidia.it oppure seguirci sulla nostra pagina Facebook.
Al momento la nostra produzione si concentra sulla vinificazione naturale del Trebbiano, del Montepulciano d’Abruzzo e del Pecorino, in diverse declinazioni e metodi di lavorazione. Abbiamo di recente piantato una nuova vigna di pinot nero, ma ne riparleremo fra qualche anno…
Progetti per il futuro?
L’acquisto di nuovi terreni per impiantare nuove vigne e costruire una nuova cantina in grado di assecondare i nostri programmi di crescita e continuare a sperimentare.
“La ‘mmidia“, invidia o malocchio in dialetto abruzzese.
Le sapienti donne della nostra tradizione popolare usavano un’antica pratica fatta di acqua, olio e formule magiche per liberartene.Quando abbiamo fatto il vino la prima volta, la fermentazione non partiva; la nonna Antonia ci ha aiutati, compiendo questo rito per noi. Qualche minuto dopo, la fermentazione è partita in modo inarrestabile.
Da allora, ci toglie la’mmidia prima di ogni vendemmia.
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