“ Lu vène cotte,
lu muscatelle,
j’a date a lu cervelle
‘n ze sa che ji fa fa”
Questo è il ritornello de “La serenata de lu ‘mbriiche” (G. Cameli – A. Di Jorio), il celebre canto popolare che racconta di un uomo che ha perduto la donna che ama e che, grazie all’effetto di una poderosa bevuta di Vino Cotto, abbandona inibizioni ed orgoglio e si reca sotto la finestra dell’amatissima Maria per implorarla di tornare da lui.
Il vino cotto è riconosciuto come uno dei prodotti agroalimentari tradizionali (P.A.T.) dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Per la tutela di questo pregiato elisir è nata anche un’associazione, l’Associazione Produttori Vino Cotto d’Abruzzo.
Il vino cotto è ottenuto dalla pigiatura di uve locali ridotte in mosto che viene poi fatto cuocere in un grande calderone di rame, il cosiddetto “caldaro”.
La tradizione vuole che all’interno di questi recipienti venga aggiunto un pezzo di ferro nudo per impedire al rame del caldaro di mescolarsi con il mosto, tenendolo all’interno fino a quando la soluzione non si sia scaldata. In seguito, il mosto cotto viene lasciato raffreddare e decantare e, ad esso, verrà aggiunto il mosto fresco in percentuali variabili in base al grado alcolico che si vorrà ottenere.
Questo composto viene lasciato ad una lunga fermentazione e, successivamente, viene posto nelle botti di legno per l’invecchiamento. L’invecchiamento del vino cotto ha una grande variabilità: si parte da un minimo di due anni, fino ad arrivare a tempi lunghissimi. La produzione abruzzese vanta anche delle qualità di un’età quasi centenaria.
Preparato ancora oggi anche in versione casalinga, un tempo era riservato al festeggiamento di occasioni importanti come un matrimonio: se si sposava un figlio, il vino cotto che veniva gustato era quello preparato nell’anno della sua nascita.
Anche per questo incredibile prodotto, vale la regola del sapersi ingegnare e dell’arte del recupero degli scarti. Accadeva che, quando il raccolto non era ottimo, il proprietario del terreno teneva per sé l’uva migliore, lasciando al contadino quella più rovinata.
Come la storia abruzzese insegna, grazie alla sua bravura, ancora una volta il povero è riuscito ad ottenere un prodotto migliore di quello del ricco.
Proprietà del vino cotto
Recentemente la Facoltà di Agraria dell’Università di Teramo ha pubblicato su un noto ed autorevole giornale nordamericano i risultati dello studio condotto dal professore Dino Mastrocola riguardo all’alto potere antiossidante di questo vino dovuto alla caramellizzazione degli zuccheri durante la pastorizzazione del mosto (fonte Wikipedia)
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